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LA MICROCITEMIA Cos’è, una malattia? Come si manifesta, cosa comporta, come si accerta? Come si cura? Quali i rischi? Le risposte a queste domande e a molte altre nell’intervista esclusiva al Dottor Antonio Amato, Direttore del Centro Studi di Microcitemia dell’Associazione Nazionale per la lotta contro le Microcitemie in Italia, Roma, Via Galla Placidia 28/30. “La Microcitemia è una condizione di portatore sano di un quadro ematologico grave noto come talassemia o anemia mediterranea”. Con questa definizione il Dottor Antonio Amato ha esordito nell’intervista concessa al nostro sito nell’imminenza della manifestazione organizzata dall’Associazione Sportiva Blue Team, Calcio a5 Femminile, a favore dell’Associazione Nazionale per la lotta contro le Microcitemie in Italia. La manifestazione si svolgerà domenica 7 gennaio 2007 presso il Circolo Sportivo di Via Vasco Pratolini (angolo via Achille Campanile) a Roma - EUR. L’intervista è così proseguita: “La condizione microcitemica comporta esclusivamente una riduzione del volume dei globuli rossi. Non può essere considerata una malattia, tant’è che è definita <condizione di portatore sano>; è una condizione di lieve anemia, non richiede particolari trattamenti, il rischio vero del soggetto microcitemico è quello che incontrando e procreando con un partner anch’esso microcitemico abbia dei figli affetti da talassemia o anemia mediterranea che invece è il quadro grave della malattia, quasi sempre trasfusione dipendente che significa che il bambino che nascerà avrà necessità di eseguire terapia trasfusionale già dai primi mesi di vita e per tutto il tempo per cui questa vita durerà. Insieme alla terapia trasfusionale dovrà eseguire altre terapie anche queste piuttosto impegnative per portar via dal suo organismo il ferro che trasfusione dopo trasfusione si accumulerà nei suoi organi. Dottore, è corretto dire che la vostra attività consiste nel prevenire questi rischi e quindi nell’individuare i soggetti microcitemici e suggerire loro un determinato comportamento di vita? “Sicuramente sì. Quantomeno il nostro impegno oggi, fortemente legato alla Regione Lazio, è quello di individuare ed informare della propria condizione i soggetti microcitemici. Questo perché noi pensiamo che l’informazione, tanto più l’informazione è precoce, di un soggetto microcitemico lo metta effettivamente nella condizione di affrontare le scelte di paternità o maternità responsabile nel modo più idoneo e anche più sereno possibile. Oggi parliamo di prevenzione primaria nel momento in cui il soggetto microcitemico evita di contrarre un rapporto stabile quindi di avere dei figli con un altro soggetto microcitemico. E questa è una condizione sufficiente ad evitare che nascano dei figli malati. Nelle coppie costituite da entrambi i genitori, i componenti della coppia, entrambi portatori sani di microcitemia c’è la possibilità di indagare attraverso sistemi di biologia molecolare la condizione del feto intorno alla decima settimana di gravidanza e di capire se quel bambino nascerà come talassemico o meno. E’ chiaro che in questo caso ai genitori rimane poi la difficile e dolorosa scelta di un’eventuale interruzione di gravidanza nel caso in cui il feto risultasse affetto da talassemia”. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, particolarmente delicato, il Dottor AMATO ha soggiunto: “Oggi ci sono altre prospettive terapeutiche nei soggetti affetti da talassemia o anemia mediterranea che riguardano la possibilità di effettuare un trapianto di midollo. Sono possibilità che praticamente si sono sviluppate negli ultimi anni ed hanno portato alla soluzione di tanti casi, ma non sono applicabili in tutti i casi di talassemia in quanto è necessario che il paziente talassemico abbia la disponibilità di un donatore di midollo che sia completamente compatibile con la propria condizione dal punto di vista immunologico. Questo comporta alcuni problemi che limitano l’utilizzazione di questo sistema che di fatto potrebbe risolvere la malattia, ma solo in quei casi in cui donatore compatibile, quasi sempre un fratellino o una sorellina sana (o portatore sano) dello stesso malato sia quindi disponibile e vi sia effettivamente la possibilità di effettuare il trapianto”. La talassemia o anemia mediterranea è molto diffusa nel Lazio e nel nostro Paese? “L’anemia mediterranea, la talassemia è la malattia genetica più diffusa al mondo. Noi parliamo di circa l’1,5 per cento di portatori di difetti betamicrocitemici, che sono quelli anche quelli più importanti per le microcitemie e in funzione della malattia stessa. Parliamo dell’1,5 per cento della popolazione mondiale, quindi siamo un po’ al di sotto di 100 milioni di persone portatori esclusivamente del difetto betamicrocitemico. Questo è un dato estremamente importante che ci dice che benché chiamiamo, continuiamo a chiamare anemia mediterranea, la talassemia non riguarda solo l’area del Mediterraneo, ma coinvolge anche una vastissima aerea che va dall’America Latina fino all’Africa Settentrionale, così come buona parte dell’Europa, il Medio Oriente e tutta l’area indo-pakistana, l’Estremo Oriente fino alle coste meridionali della Cina”. Le trasmigrazioni, clandestine o non clandestine, influisce sul fenomeno e vi creano ulteriori problemi? “Certamente. Noi siamo abituati secondo un criterio epidemiologico ormai affermato da tempo e già indagato a partire dalla fine degli anni ‘50 e fino a circa il 1980, in cui abbiamo definito una mappa di distribuzione della Microcitemia nel nostro Paese che vede alcune aree particolarmente interessate come l’intera regione Sardegna, buona parte della Sicilia, la Calabria, la Puglia, le coste della Campania, in pratica tutto il Mezzogiorno, il Delta padano con un’alta frequenza di questa alterazione microcitemica e il Lazio con la sua percentuale media del 3 per cento di portatori. In realtà i flussi migratori hanno cambiato e stanno cambiando la condizione popolazionistica nel senso che cittadini proveniente da aree endemiche di talassemia variamente rappresentate nel mondo, quindi abbiamo detto Africa Settentrionale tutta l’area asiatica, l’Est europeo. etc stanno cambiando il quadro di riferimento epidemiologico delle nostre realtà. Succede oggi un po’ quello che è capitato intorno agli anni ‘60 nelle grandi città industriali del Nord quando l’immigrazione di tanti italiani del Sud ha fatto emergere un quadro ampiamente rappresentativo di difetti microcitemici soprattutto nelle periferie urbane di città come Milano e Torino che ricevevano questa immigrazione dal Sud. Oggi l’intero territorio nazionale è soggetto a questi flussi migratori da paesi asiatici, africani, etc. la cui popolazione ha le sue caratteristiche microcitemi che si vanno sempre più presentando sul nostro territorio. Questo cambia il quadro di riferimento sia diagnostico di queste alterazioni e implica la necessità, soprattutto, di raggiungere ed informare questa popolazione immigrata che altrimenti, come purtroppo sta succedendo, inizierà ad avere bambini malati presenti qui, trattati sul nostro territorio, bambini malati che stanno aumentando sempre di più. Noi ci troviamo direi quasi quotidianamente ad avere a che fare con diagnosi di talassemia o talvolta, anche frequentemente, di anemia falciforme che comunque è un’alterazione emoglobinica anche questa molto grave, in pazienti, ad esempio, le cui famiglie provengono dalla zona del Centro Africa, oppure dall’America Latina”. Si fa abbastanza per fronteggiare questa situazione che pare abbia i contenuti di una emergenza? Avete mezzi necessari? Avreste bisogno di qualche cosa di più? Ha risposto il Dottor Amato: “Stiamo lavorando con quello di cui disponiamo. Abbiano un rapporto di convenzione con la Regione Lazio che ci assicura un finanziamento che sia sufficiente a mantenere dei programmi di screening. Quello che avremmo bisogno di avere in più è appunto la possibilità di affrontare sia dal punto di vista degli studi di biologia molecolare, sia dal punto di vista popolazionistico queste nuove afferenze sul nostro territorio per riuscire a raggiungere veramente l’intera popolazione residente. Gli ultimi dati statistici ci dicono che un residente su dodici nella nostra Regione e in particolare nella città di Roma è un immigrato, questo ci fa capire quali siano le dimensioni di questo fenomeno e ci dice che è un problema sicuramente emergente, questo della individuazione dei portatori di alterazioni emoglobiniche sul nostro territorio regionale (e nazionale, n.d.r.) provenienti da paesi lontani. Abbiamo anche tentato alcuni approcci oltre quelli tradizionali di informazione dei medici, dei consultori ed abbiamo avviato un nuovo sito Internet, Sito Web (www.blod.info) che tra l’altro, a parte l’informazione generica e un’appropriata informazione scientifica, per medici, biologi e quanti altri operano nell’ambito della Sanità, prevede l’inserimento di una serie di schede multilingua rivolte proprio ai cittadini di origine straniera e che riportano in breve un messaggio relativo proprio alla possibilità e alla necessità di fare prevenzione”. Fin qui le dichiarazioni del Dottor Antonio Amato, Direttore del Centro Studi dell’Associazione Nazionale per la Lotta contro le Microcitemie in Italia, Roma, Via Galla Placidia, 28/30 Tel. 06/33170090 - 06/33170147 - 06/4395100. Sito Internet: www.blod.info La disamina della situazione nel nostro Paese, anche se schematica, è senza alcun dubbio esaustiva, come pure i riferimenti e i garbati silenzi su ciò che Il Centro diretto dal Dottor Amato dovrebbe avere a disposizione per svolgere il proprio delicato lavoro nella misura resa necessaria da quanto si sta sviluppando, purtroppo tra l’indifferenza di molti. In sostanza, manca una presa di coscienza del fenomeno e delle sue dimensioni. Sono cambiate profondamente, e stanno in ogni momento mutando, le condizioni sul territorio relativamente alla frequenza di difetti microcitemici e delle emoglobinopatie. Bisogna mettere in atto tutte quelle procedure diagnostiche e preventive necessarie all’individuazione e informazione degli immigrati al fine di evitare le conseguenze drammatiche che il dottor AMATO ha elencato. Una misura utile, per non dire indispensabile, sarebbe quella di considerare l’esame del sangue quale requisito pregiudiziale al rilascio del permesso di soggiorno. Sul piano della prevenzione si deve rilevare che non esistono in tutte le Regioni programmi di screening estesi come quelli attuati nel Lazio. La prima informazione dovrebbe raggiungere le famiglie, la Scuola, i consultori familiari, le strutture del Sistema sanitario nazionale addette alla medicina preventiva. Dovrebbe… La Microcitemia non è una malattia, ma non deve essere sottovalutata per le sue insidiose conseguenze personali e sociali. Tenuto conto che gli Italiani potatori sani sono oltre due milioni cinquecentomila. Il Centro diretto dal Dottor Amato è sempre disponibile per attività diagnostica di controllo e di consulenza. |
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